7 Nov. 2015 – ANTROPOCRAZIA = POTERE ALL’UOMO – Riflessioni e idee personali di Guido Di M.

Abbiamo conosciuto RUDOLF STEINER ricordi di suoi allievi

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“Ciò cui si deve tendere è di separare il lavoro dal procacciamento dei mezzi di sussistenza” Rudolf Steiner 1861-1925

Esigenze sociali dei nuovi tempi

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ROBOTICA E LAVORO (filastrocca)

robot2

 

 

 

 

 

 

“Ci togliete il lavoro con la vostra presenza,

così di voi ci obbligate a far senza.

Da quando siete apparsi

i redditi son scomparsi”

(dicono inquietati i disoccupati al robot)

 

(Robot)

Non abbiamo responsabilità

siamo concepiti dalla vostra genialità

per sostituirvi nelle attività.

Del reddito alquanto

non c’entriamo per tanto,

non siamo noi in difetto

se ne subite voi l’effetto.

 

(Disoccupati)

Per altri effetti ricercati

siamo fuori dai mercati.

Dai cicli produttivi

siam preclusi

e dai salari esclusi.

 

(Robot)

Dai cicli produttivi certamente

noi facciamo tutto automaticamente.

Per il salario vostro adesso

ancor non provvediamo a esso.

 

(Disoccupati)

Nelle fabbriche le automazioni

degli operai fan le mansioni,

e i computer elaborati

han falciato gli impiegati

Solo il reddito dà decoro,

ma come si fa senza il lavoro.

 

(Robot)

Son prodotto dalla vostra intelligenza

ma di criterio io son senza,

dunque non prendetemi per pari

se riporto dati vari.

Del reddito di cittadinanza

come misura di compensazione

ne parla anche l’informazione,

al salario con presenza

succede il reddito d’esistenza.

 

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Eredi dell’Ingegno in pdf

A un certo punto cominceremo a domandarci da dove vengono i soldi e dove vanno, che schema è stato usato che il sistema è così tanto squilibrato, in che modo l’uno per cento degli abitanti della terra ha potuto trasferire a se metà di tutti i beni della collettività. Guardando le cose pragmaticamente e senza i freni inibitori “di scuola”, ognuno di noi giunge alla convinzione che questo sistema non può essere perpetuato all’infinito.

Quando la natura è disponibile per tutti e le tecnologie svolgono le mansioni al posto dell’uomo, è sconfortante che non ci siano governanti capaci di centrare il problema, tutti tergiversano cercando improbabili passaggi graduali con qualche pezza a colori, statisti per dire…

Lavoro o reddito di cittadinanza, cosa fare dei due, da una parte c’è chi sostiene l’obbligo all’attività lavorativa, che ogni uomo e donna per almeno quarant’anni deve lavorare per percepire un reddito, tutto questo senza considerare che i cicli produttivi sono sempre più automatizzati e quello dell’operaio è un mestiere trapassato e l’informatica ha sostituito il lavoro dell’impiegato. La disoccupazione è il rovescio della medaglia del progresso tecnologico, una realtà che dovrebbe essere compresa dai cittadini e prima ancora da chi ci governa. Il reddito di cittadinanza si spanderà a macchia d’olio, in Italia e nel mondo ci sono ancora molte resistenze più che altro dovute a superficialità, mancanza oggettiva di valutare la realtà dei fatti e disinteresse per gli altri.

La ricchezza che abbiamo collettivamente sono il mondo che abitiamo e le tecnologie che abbiamo raggiunto e non ancora condivise come eredità dell’ingegno, invenzioni cui contribuirono anche molti uomini geniali trapassati da qualche tempo.

Ognuno di noi può costatare che nelle attuali condizioni a un certo punto non è possibile impedire uno scenario di caos sociale. Molte persone cominciano a capire che qualcosa è stato architettato in modo esclusivo e ora rivendicano il loro posto nel mondo. Il sistema perde gli equilibri, a questo punto non importa nemmeno attribuire le colpe, serve solo correggere gli errori e ripensare lo schema.

E’ un sollievo sapere che esistono vie d’uscita… Giusy Romano

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antropocraziaelavoro

Articolo in pdf L’Antropocrazia e il lavoro

Spesso sentiamo dire che le macchine svolgono il lavoro al posto dell’uomo. Se svolgessimo a ritroso il nastro del tempo ci verrebbe più facile dire che prima dell’introduzione delle macchine, cioè prima di diventare una società tecnologica, il lavoro era svolto dall’uomo. Tra il primo e il secondo concetto c’è un salto evolutivo.

Sappiamo che il lavoro può essere svolto sia dalle macchine sia dall’uomo, dobbiamo solo decidere se continuare a cercare un’occupazione per ogni uomo sulla terra oppure lasciare che le macchine lavorino al nostro posto. Se decidiamo per la piena occupazione, dobbiamo azzerare gran parte delle tecnologie e lasciare che l’uomo svolga ogni attività pur avendo il modo di evitare impegni fisici e mentali, se scegliamo che le macchine lavorino al posto dell’uomo, dobbiamo istituire il reddito di cittadinanza universale come diritto all’eredità dell’ingegno umano.

Prima di lavorare come operaio o impiegato l’uomo coltivava la terra o faceva altri lavori di fatica, stringendo bulloni o vangando a quarant’anni era vecchio e consumato. L’industrializzazione ha consentito l’eliminazione della fatica fisica quasi totalmente e l’introduzione delle macchine nei cicli produttivi ha determinato la sempre minor richiesta di manodopera. Le macchine e l’informatica sono state messe al posto degli operai e degli impiegati. O meglio possiamo dire che hanno liberato tanti lavoratori da impieghi meccanici e ripetitivi.

Guardare a ritroso ci offre l’occasione di valutare le cose da un altro punto di vista, in questo esercizio (provare per credere) ogni coinvolgimento personale è in secondo piano, e le cose emergono nette e precise nella loro realtà, mostrandosi per quel che sono. Diventiamo come osservatori che guardano le vicende storiche di un quadro appeso in un museo.

Analizziamo il problema del lavoro a ritroso partendo dall’attuale momento. Prima di tutto ci appare la mancanza di lavoro generalizzata cui nessuno è capace di rimediare, poi indietro nel tempo vediamo le fabbriche piene zeppe di operai. Quando cominciamo a intravedere la stenografa o il piccolo imprenditore con due segretarie e un ragioniere con il suo libro mastro, ci appare evidente quanta tecnologia abbiamo introdotto nel mondo del lavoro, e come le macchine e l’informatica hanno soppiantato gli impieghi che svolgevano milioni di persone nel ciclo produttivo e nei servizi. Più di tutto constatiamo come siano superate le scuole di pensiero che fondavano le loro strategie per un’epoca non ancora industrializzata.

Quando oggi gli economisti esprimono i concetti con i pensieri dei loro colleghi trapassati non considerano gli strumenti tecnologici che abbiamo noi oggi e che prima non c’erano. Le generazioni di questo tempo hanno cavalcato le tecnologie alla velocità della luce, un progresso che ci ha trovato impreparati e incapaci di rispondere alle nuove esigenze, ai vuoti che l’industrializzazione ha portato con sé. In duemila anni di storia non si era mai verificato un processo tecnologico così veloce, per questo sono stati commessi degli errori che la realtà ci obbliga a riparare.

Con la fiscalità monetaria è possibile incamerare il denaro per la spesa pubblica e istituire il reddito di cittadinanza universale. Oggi siamo fuori dalla storia perché viviamo con i pensieri del passato, se invece prendiamo atto della realtà, possiamo conseguire un passo evolutivo e diventare cittadini liberi nel nostro tempo.

Giusy Romano

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Articolo in pdf L’Antropocrazia è una piattaforma matematica

piattaforma antropocratica5

Ogni giorno possiamo appurare che la terra gira da sola e che i padroni del mondo non hanno le chiavi dei meccanismi celesti.

Quali sono gli ostacoli che ci impediscono di credere nella possibilità di un mondo senza prepotenze, sopraffazioni, avidità etc.? Perché la stragrande parte dell’umanità soccombe allo strapotere di pochi? E questi pochi, come sono riusciti a convincere miliardi di persone che la povertà è legale e inevitabile?

I ricchi e i poveri

Per essere più diretti dividiamo l’umanità in due categorie, i ricchi e i poveri, i primi si possono contare in migliaia, i secondi in miliardi, in sostanza il rapporto di uno su un milione (1/1.000.000), vertice e base di uno schema piramidale.

Alcuni ricchi pensano alle loro ricchezze come a una lotteria, si giustificano con gli alibi forniti dal sistema e pensano che qualcuno doveva pur essere baciato dalla fortuna. Altri, gli sceneggiatori al vertice, vivono in un mondo organizzato da loro e per loro. Come in una fiction, tutto è verosimile, e a noi, questo schema montato ad arte per privarci di tutti i beni del mondo e impoverirci fino all’ultimo centesimo, sembra normale e persuasivo. Incapaci di stabilire con chiarezza i pilastri su cui è retto tutto l’impianto, ci sentiamo impotenti come di fronte a un dogma. L’umanità, tapina, non ha neanche la forza e gli elementi per mettere in discussione l’illegalità e la mancanza di diritto in cui versa, presa 24 ore su 24 a sopravvivere nella gabbia, a girare per altri la ruota come i criceti.

L’accumulo

I ricchi non hanno rubato le piccole o immense ricchezze che oggi detengono, quasi tutti i beni accumulati sono stati conquistati in modo legale, è il sistema che non pone limiti. Il trasferimento di ricchezze dall’economia reale alla speculazione è una dinamica dell’impianto finanziario e poiché non è stato fissato alcun limite all’accumulo, ogni uomo potrebbe potenzialmente diventare il solo proprietario di tutti i beni presenti sulla terra. Ciò non accadrà sicuramente, ma è importante rilevare come neanche la possibilità sia stata esclusa “per iscritto”.

Il denaro accumulato sottrae potere d’acquisto alla collettività, perché chi lo detiene non ha la capacità di spenderlo nell’economia reale, cioè di riversarlo nel circuito economico attraverso prestazioni da lavoro e servizi necessari per realizzare i beni da comprare. L’economia è un circuito, se si sottrae denaro al potere d’acquisto generale, vengono a mancare la richiesta di beni e il lavoro. Il denaro è solo uno strumento virtuale e, come sanno anche le pietre, dietro il denaro non c’è alcun controvalore. Per servire all’economia, che è un’organizzazione che ci siamo dati per gli scambi, il denaro deve essere necessariamente circolante.

Il capitalismo finanziario è stato anche funzionale, e fino a un certo grado ha consentito il progresso, poi ha superato il punto di equilibrio perdendo l’originaria utilità. In assenza di spazi da conquistare, il capitalismo finanziario ora può solo divorare se stesso fino a rendere inutilizzabile qualsiasi valore monetario in circolazione.

Non possiamo che constatare come così stiano le cose e quindi passare oltre. Per superare l’impasse dobbiamo avere una strategia mirata a evitare l’accumulo monetario e a risolvere il problema del reddito per liberare dalla gabbia miliardi di persone esasperate.

Con la fiscalità monetaria risolviamo il problema dell’accumulo e reperiamo il denaro per il reddito di cittadinanza universale, un reddito mensile da corrispondere a tutti i cittadini dalla nascita.

I limiti dell’attuale sistema di tassazione.

Oggi il 90% delle tasse incamerate dallo Stato proviene dalle classi medie e dai poveri che le versano quotidianamente acquistando beni di necessità e di consumo. Ricchezze immense non vengono prese in considerazione come base fiscale mentre si spogliano i cittadini di tutti i loro averi. Questo sistema produce l’accumulo, la povertà, la disoccupazione universalizzata. E’ necessario apportare correzioni.

L’attuale sistema di tassazione dipende dalle prestazioni del mercato nazionale. Il PIL è un parametro economico numerico, come dato e riferimento di base imponibile non è portatore di certezze come lo è il denaro. Lo Stato ogni anno deve incamerare almeno 500 miliardi di tasse, se gli scambi sul mercato economico sono stati insufficienti, cioè se i cittadini hanno ridotto gli acquisti, nelle casse statali entrerà meno denaro per la spesa pubblica. Allora lo Stato dovrà ricorrere ancora al debito che, come sappiamo, è in continuo aumento.

Lo Stato raccoglie le maggiori tasse tutti i giorni, perché le preleva alla fonte e in modo diretto dai cittadini attraverso i consumi. Tendiamo a pensare che l’IVA sia l’unica tassa che si scarica sui prodotti che acquistiamo, l’IVA invece è solo l’ultima tassa che si aggiunge a quelle che si sono generate durante tutto il ciclo di produzione. Prima di determinare il prezzo di vendita, il produttore di beni o servizi deve calcolare i costi netti e l’incidenza di tassazione per scaricarle sul prezzo del prodotto o servizio. Alla maggioranza dei cittadini queste tasse passano abbastanza inosservate e quando acquistiamo tendiamo a stabilire il valore dell’oggetto con il prezzo di acquisto. Non sappiamo che il prodotto costerebbe la metà se lo Stato non vi imponesse le tasse. Perdiamo la percezione della tassazione generale perché abbiamo fissato il prelievo fiscale nel momento canonico della dichiarazione dei redditi.

Quando l’informazione parla di evasori totali dice una falsità, perché nessuno può sopravvivere senza consumare, e quando consuma paga le imposte perché acquista dei prodotti tassati. Ed è anche inesatto dire che ci sono categorie più tassate di altre, perché tutte le tasse si scaricano sui consumi, esse sono caricate su tutti i prodotti o servizi generati e venduti sul mercato. Su ogni merce o servizio si sono scaricati gli oneri che l’imprenditore sostiene per i suoi dipendenti, le varie accise, il costo delle bollette, etc. Tutti i balzelli che lo Stato vorrà inventarsi li pagheranno in prevalenza i cittadini consumando.

La fiscalità monetaria.

La fiscalità monetaria consente allo Stato di disporre di una base imponibile certa, perché il denaro è un dato numerico in rete, non ha andamento e non oscilla come il mercato. Inoltre con il prelievo percentuale dalla massa monetaria lo Stato ha anche uno strumento agevole perché può alzare o abbassare l’asticella percentuale secondo necessità, senza che ciò sia percepito in maniera notevole dai cittadini.

Per evitare la paralisi lo Stato può spostare la leva fiscale e incamerare una tassa unica dalla massa monetaria, e ognuno può pagare “solo” nella misura dei valori monetari che detiene. Tutto il resto è fuori da ogni tassazione. In questa situazione, una economia reale totalmente esentasse, i prezzi dimezzano e il denaro vale il doppio. Conviene a tutti.

Giusy Romano

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mosé

Articolo in pdf Il ricco e i fanatici

L’essere umano farebbe qualsiasi giravolta per trovare l’angolazione che lo accordi con le sfumature delle verità preferite. Che cosa pensano i ricchi delle loro immense ricchezze specchiate nella miseria di tanti?

Il ricco è uno che vive un mondo riflesso, sono sempre gli altri che gli attribuiscono il potere. Il denaro è un mezzo e chi lo intravede, si avvicina a esso attraverso il detentore. La gente cerca il denaro e sa che il possessore lo può sganciare acquistando beni e servizi. Ecco così tanti uomini e donne diventare mercanti e servitori, a disposizione anima e core, per offrire ottimi prodotti e prestazioni, contando di spillare il più possibile.

Il ricco non è consapevole di non aver merito personale alcuno per attirare tanto fanatismo intorno a sé, così inizia per lui un cammino di autoassoluzione e comincia a dirsi. “Tanta gente mi ammira perché sono vincente – Accumulare denaro è consentito, anzi è legale – Sono riuscito perché sono più bravo e me lo merito – La povertà è sempre esistita, ci sono dinamiche a me sconosciute e non può essere altrimenti – Un po’ di egoismo è sano perché muove il mondo – Eccetera eccetera”.

Il ricco e i fanatici sono elementi malati della società, e tutti siamo costretti a vivere da ammalati perché alcuni dicono che non c’è modo di organizzarci diversamente.

Ma si può vivere diversamente? Si può trovare pace in questo mondo? Sì, per tutte e due.

Per vivere diversamente bisogna percorrere il cambiamento in direzione di una strategia, un sistema sorretto da elementi che ne assicurino la tenuta e realizzino i propositi delle idee. Tutto senza rivendicazioni ovviamente.

L’Antropocrazia, fornisce gli elementi di base per riformare l’attuale sistema socio economico in modo semplice e costituzionale. Un paese buono e giusto può emergere alla superficie su cui possono vivere serenamente tutti i cittadini.

Dobbiamo richiamare i numeri. Abbiamo visto che una parte del denaro muore nelle mani degli speculatori che non lo spendono e lo accumulano sottraendolo al potere d’acquisto della collettività. Abbiamo detto che dopo vent’anni d’interessi pagati i cittadini hanno duemila miliardi in meno da spendere. Chi fermerà la corsa di questa ruota impazzita? La paralisi totale.

I 2000 miliardi che i ricchi accumulano in vent’anni provengono dalle classi medie e dai poveri, che sono costretti, attraverso tasse indiscriminate, a sborsare il doppio del prezzo d’acquisto, perché il commerciante a sua volta deve trasferire una quota, almeno il 50%, allo Stato, che lo impone su tutti i beni e i servizi generati dal mercato.

L’attuale sistema di prelievo fiscale è un metodo di tassazione orizzontale, i poveri sono tutti, i ricchi sono pochi. I poveri e le classi medie pagano la quasi totalità delle tasse raccolte, perché essi rappresentano il 90% dei cittadini consumatori e sono costretti a pagare le imposte quotidianamente su qualsiasi prodotto acquistino, che siano beni di necessità o superflui il prelievo fiscale si abbatte su merci e servizi senza regole e distinguo.

Possiamo immaginare di trovarci da qui a vent’anni con duemila miliardi in meno e pensare di fare il PIL senza alcun potere d’acquisto?

Di nuovo i numeri.

500 miliardi ogni anno sono incamerati per le tasse, lo Stato li preleva dal 90% dei cittadini restituendone 400 in servizi. L’anno successivo i cittadini, per fare il PIL, si trovano 100 miliardi in meno da spendere, tireranno la cinghia e anziché acquistare merci e servizi per 1500 miliardi, ne acquisteranno per 1400, poi 1300, 1200 etc.

Nel frattempo che il PIL è diminuito, lo Stato ha incamerato meno tasse, perché per necessità, la gente ha acquistato meno e quindi ha portato a casa meno merci dell’anno precedente, prodotti su cui aveva pagato le tasse che ora invece mancano alle entrate statali. A questo punto a un governo incompetente e senza idee vengono in mente le accise, una tassa orizzontale che può procurare un prelievo quotidiano incessante, come stolti che non si rendono conto che quando la capacità di tassazione ha raggiunto i limiti di saturazione le tasse possono solo essere spostate da qui a là, perché denaro per nuove entrate non ce n’è.

La fiscalità monetaria è costituzionale.

Dove sta scritto che i poveri devono rimanere senza un euro e i ricchi devono impossessarsi di tutto? Perché le tasse le pagano i poveri nella misura di tutto ciò che hanno mentre i ricchi non sono sfiorati da alcuna tassazione se non in modo simbolico?

Spostiamo la leva fiscale dalla tassazione su merci e servizi e stabiliamo che il denaro diventi l’unica base imponibile per garantire le entrate statali. Molto semplicemente lo Stato preleva una percentuale su tutti i valori monetari dai conti correnti presenti nel circuito bancario.

Ciascuno paga nella misura dei capitali che detiene, chi non ha niente non paga niente. Tutte le merci e i servizi esentasse, significa spendere la metà, vuol dire raddoppio del potere d’acquisto, che i soldi valgono il doppio. I ricchi smettono di accumulare capitali senza fine, la paralisi totale è scongiurata, e la ruota impazzita è domata.

E’ equilibrato, si può fare, ci sono i numeri, è costituzionale.

Giusy Romano

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Articolo in pdf L’Antropocrazia è possibile

E’ possibile attuare l’Antropocrazia? Sì, se siamo in grado di riconoscere le storture dell’attuale sistema, e se ci poniamo al cambiamento con spirito riparatore e senza risoluzioni vendicative. “L’Antropocrazia non cerca colpevoli ma errori da correggere” così dice il padre di questa teoria, Nicolò Giuseppe Bellia.

Dobbiamo sforzarci fino a veder in chiaro le strutture di base, cominciamo col dire come stanno le cose. L’attuale modello, dato per buono e preso come unico possibile, è arrivato alla saturazione, matematicamente non ci sono più spazi perché possa perpetuamente continuare a essere sostenuto senza che un evento accada a interromperne la corsa. I ricchi diventano inesorabilmente più ricchi, i poveri aumentano sempre più.

La maggior parte dei cittadini non ha abbastanza elementi per mettere in discussione il dogma dell’attuale schema. Senza gli elementi conoscitivi di base è difficile intavolare una discussione tecnica, molte persone confondono persino i milioni con i miliardi. Se vogliamo capire, non possiamo confondere le unità e le migliaia, perché c’è una bella differenza se per un chilo di pane ci chiedono due o duemila euro.

Così è necessario avere dei punti di riferimento generali, e per farlo dobbiamo saperci appoggiare sui numeri. I numeri sono espressi in miliardi di euro, ma non è difficile se cominciamo tralasciando alcuni dati che ogni giorno ci somministrano i notiziari, più che altro per confonderci, spread etc., parametri indicativi e non necessari per mostrare l’impalcatura tecnica del quadro.

Perché i ricchi accumulano capitali monetari senza fine, e da dove li prendono.

La risposta ci porta al cuore del problema, dove scopriamo che nell’architettura del sistema attuale non è stato previsto che un giorno pochi contati uomini avrebbero potuto detenere tutto il denaro in circolazione.

Il meccanismo di arricchimento e impoverimento continuo in un esempio elementare.

In circolazione ci sono 100 mele, per ogni mela mangiata una nuova mela viene creata. I cittadini tutti insieme ne detengono 10, le altre 90 mele sono nelle mani di poche persone. Ogni anno, attraverso le istituzioni, i cittadini sono obbligati a privarsi di mezza mela, che andrà ad aggiungersi nella cesta dei pochi proprietari delle 90 mele. Dopo vent’anni i cittadini non avranno più mele e tutte le 100 mele saranno di proprietà dei pochi detentori.

Questo è un esempio di trasferimento di denaro dai cittadini agli speculatori attraverso il meccanismo del debito pubblico, quello italiano ammonta a circa 2000 miliardi. Ogni anno gli investitori vendono e comprano i nostri titoli contro interesse, ogni anno cediamo un quinto delle tasse versate destinando questo denaro a essere accumulato nelle mani di pochi, a non essere speso perché i proprietari non lo rimettono in circolo, non serve loro spenderlo perché non riescono nemmeno a mangiare le mele che già hanno accumulato. Le mele sono buone e molti potrebbero mangiarle ma rimangono nel cesto e altre non se ne possono creare. Dopo vent’anni a 100 miliardi l’anno, avremo trasferito una cifra quanto l’ammontare del debito pubblico e incrementato parimenti le ricchezze dei pochi, il debito però rimane invariato se non aumentato, perché i 100 miliardi versati ogni anno sono serviti per pagare gli interessi e non per rimborsare il debito, così alla fine nelle tasche dei cittadini mancano 2000 miliardi in denaro e in potere d’acquisto mentre il debito rimane inestinguibile.

A grandi linee.

Lo Stato riscuote con le tasse circa 500 miliardi l’anno, 400 li rimette in circolo attraverso la spesa pubblica, 100 li versa agli speculatori, pochi proprietari seguiti da tanti medi e piccoli in uno schema piramidale. Un quinto delle tasse incassate è perso per sempre, 100 miliardi in meno in potere d’acquisto per l’intera collettività, per tutti i cittadini. L’anno successivo lo Stato, come minimo, vuole di nuovo incassare i 500 miliardi, per la spesa pubblica e per gli interessi, e come l’anno precedente, deve versare di nuovo i 100 miliardi agli speculatori, 100 e altri 100 miliardi sottratti per sempre al potere di spesa collettivo in un perpetuo trasferimento. Eccoci alla paralisi.

A quale grado di sbandamento e di incoscienza possono arrivare le istituzioni nel consentire e attuare lo spostamento perpetuo di ricchezze dai cittadini ai pochi contati speculatori? Se guardiamo oltreconfine troviamo più o meno gli stessi problemi, ovunque il sistema scricchiola o dà segni di cedimento, ci sono presidenti che ammettono di non aver strategie, non c’è la più vaga idea di come affrontare la sfida che sempre più evidente si delinea all’orizzonte, la disoccupazione universalizzata.

Senza dubbio possiamo affermare che oggi il mondo è in mano a incompetenti e sbandati, a parte qualche grande capo di piccole nazioni, nessuno ha il dono della lungimiranza sulla quale costruire una strategia, una via d’uscita.

L’Antropocrazia risolve il problema dell’accumulo che paralizza il sistema con la fiscalità monetaria, attraverso un prelievo percentuale sui valori monetari detenuti da ciascuno. l’Antropocrazia risolve il problema del lavoro che non c’è più per l’uomo perché oggi è svolto dalle macchine, con il reddito di cittadinanza universale, ciascuno percepisce un reddito dalla nascita. Il reddito di cittadinanza è l’unica risposta possibile alle tecnologie e all’informatica che hanno sostituito e sempre più rimpiazzeranno la manodopera.

La fiscalità monetaria è un modello semplice ed equilibrato e soppianta l’attuale sistema di tassazione che si scarica sui consumi a danno delle classi medie e dei poveri. Con la detassazione del lavoro e delle merci i prezzi dimezzano perché i produttori di beni e servizi non hanno più bisogno di scaricare sui prodotti il peso fiscale. Ciò significa il raddoppio del potere d’acquisto.

Le politiche socio economiche devono essere realizzate per il bene della collettività e solo persone capaci, oneste, e di buon senso possono attuare l’Antropocrazia, un modello cui dovrà tendere l’umanità se vorrà rendere possibile la sopravvivenza di tutti gli esseri umani. Oggi siamo bloccati da muri mentali di ogni genere, “il lavoro nobilita l’uomo”, “il prepotente è sempre esistito” etc., dovremo giocoforza abbattere i muri. È come esser stati costretti da sani a camminare con delle stampelle senza sapere che potevamo correre liberamente. Il sistema è destinato a subire trasformazioni radicali, i cambiamenti possono essere dolci o dolorosi, dipende dalla soglia di comprensione e di sopportazione cui è stata condotta la società.

L’attuale sistema è stato architettato senza un’uscita di sicurezza. Il capitalismo finanziario è una macchina che brucia ricchezza, si alimenta di denaro togliendolo incessantemente ai cittadini in potere d’acquisto. Gli architetti sanno che il sistema è destinato alla paralisi totale, solo che essi non possono presentare le soluzioni in modo chiaro, si paleserebbero all’istante tutte le storture che tanti cittadini ancora non comprendono. Chi è in grado di capire le deformazioni con la forza dei numeri può approvare di correggere gli errori senza rivendicare i torti subiti, chi è sostenuto dai numeri ha la forza della strategia.

Giusy Romano

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PITAGORA

Articolo in pdf La trappola sistemica

Gli errori dell’attuale schema socio-economico e gli strumenti correttivi proposti dall’Antropocrazia descritti in un’immaginaria conversazione tra Pitagora e un gruppo indeterminato di persone. Il dialogo è preceduto dal seguente quesito:

In panetteria un cliente ricco e uno povero comprano un chilo di pane spendendo entrambi 4 euro, di questi 4 euro metà sono costi di produzione e metà sono tasse, c’è un problema o non c’è?”

 ………………………………………………….

DIALOGO CON PITAGORA – dall’aldiquà all’aldilà

Aldiquà: Pronto Pitagora possiamo disturbarla?

Aldilà: Eccomi. Problemi?

Aldiquà: Sì un problema. In panetteria un cliente ricco….ecc. ecc.

Aldilà: Va bene fatemici pensare, sentiamoci domani.

…..Il giorno dopo

Aldiquà: Pronto Pitagora ci sente?

Aldilà: Sono qua, dunque…

Aldiquà: Allora? Aspettiamo solo di sentire la soluzione.

Aldilà: Calmi calmi, si tratta di una cosa complessa, ho giusto appena individuato la natura del problema, sentiamoci tra sette giorni.

Aldiquà: Ma come! ancora non ha trovato la soluzione, per lei dovrebbe essere semplicissima, Lei il grande matematico di Samo.

Aldilà: Eh se bastasse l’adulazione a far grandi i grandi, che poi gli adulati vanno spesso fuori di senno perché non reggono certe altezze. Per il vostro problema mi occorre ragionare ancora.

…..Una settimana dopo

Aldilà: Eccomi a voi, dunque per prima cosa mi sono soffermato sul ricco e sul povero.

Aldiquà: Capirà, ha scoperto le differenze sociali!

Aldilà: Guardate che non è cosa da niente, per partire è fondamentale sapere quanto sono ampie queste differenze.

Aldiquà: Cioè?

Aldilà: Oggi il vostro 90% delle ricchezze è concentrato nelle mani del 10% della popolazione mondiale, il 10% delle ricchezze rimanenti è spartito dal restante 90% degli abitanti della terra.

Aldiquà: Effettivamente questa spartizione eccessiva per pochi e insufficiente per tanti è avvenuta in un processo lento e inesorabile.

Aldilà: Già, nel vostro sistema socio economico la spartizione dei beni dipende da dinamiche che inevitabilmente porteranno sempre più a una concentrazione di ricchezze per pochi da una parte e diminuzione per tutti dall’altra. Certo che…

Aldiquà: Certo che cosa?

Aldilà: No niente, pensavo solo che in questo processo lento e inesorabile come avete appena detto, forse vi eravate distratti.

Aldiquà: Senta Pitagora, non è tanto facile capire qualcosa di economia quando pure i giornalisti trascurano la materia e confondono i milioni con i miliardi nel riportare le notizie economiche. Noi sappiamo molte altre cose, non per vantarci ma siamo in grado di descriverle minuto per minuto la finale dei mitici mondiali del 1982 quando abbiamo vinto 3 a 1 contro la Germania.

Aldilà:  Si bella finale, certo che quel Rossi…Riguardo a saperci poco di economia non ve ne faccio una colpa, ho perfino il sospetto che mentre voi vi intrattenevate con lo sport le cose siano state complicate proprio per non farvele comprendere.

Aldiquà: E poi tutti quei termini tecnici, noi dopo anni abbiamo capito che lo spread è il differenziale degli interessi che ciascuno Stato deve pagare secondo la sua affidabilità.

Aldilà: Già, gli investitori vogliono una percentuale alta per il rischio che corrono nel prestarvi i loro capitali, così decidono se dovete vivere o morire.

Aldiquà: Vivere o morire?, adesso non esageriamo…

Aldilà: Sapete, gli investitori sono molti, ma pochi di loro detengono pacchetti azionari talmente grandi da destabilizzare nazioni intere…

Aldiquà: E come?

Aldilà: Semplicemente mettendo in vendita all’improvviso i loro grossi pacchetti di titoli statali, gli altri piccoli speculatori seguono l’andamento inaspettato e vendono anche loro. A quel punto la fiducia di quel paese diminuisce e la percentuale d’interesse preteso dagli speculatori per ricomprare quei titoli si alza.

Aldiquà: Ma allora siamo fregati!

Aldilà: E’ normale… nella vostra società il denaro è l’unico mezzo per gli scambi, e se voi non ne disponete, dovete chiederlo a chi l’ha, chi ne possiede in grosse quantità vuole cederlo alle sue condizioni, che ovviamente sono a suo vantaggio. Pensate che da voi in Italia un quinto della spesa pubblica, esclusi i titoli che sono compravenduti, è destinato agli interessi sul debito pubblico. Una cosa da non crederci, cento miliardi che passano nelle mani degli speculatori che accumulano capitali su capitali, tassati solo in senso simbolico.

Aldiquà: Quante cose si potrebbe fare disponendo anche di quel quinto destinato agli speculatori.

Aldilà: Attenzione però a non fare di tutta l’erba, un fascio. Il vostro debito è anche in mano a piccoli risparmiatori, cittadini e cittadine che hanno affidato i loro modesti capitali per una piccola rendita.

Aldiquà: Eh si, sarebbe immorale prendersela con i loro averi. Se solo si potesse trovare il modo di onorare tutti i debiti e invertire la rotta!

Aldilà: Invertire la rotta è l’espressione giusta, passare da un sistema esclusivo a uno inclusivo.

Aldiquà: Ma torniamo al nostro problema del ricco e del povero.

Aldilà: Avete detto bene, è proprio un vostro problema, vediamo come posso aiutarvi. Come ho detto il vostro sistema è destinato a concentrare sempre più le ricchezze nelle mani di pochi. Vedete, fino a poco tempo fa, voi eravate parte attiva del circuito economico perché la maggior parte di voi aveva un lavoro e quindi un reddito, e la disponibilità dei beni, purché modesta, era alla portata.

Aldiquà: infatti, il problema numero uno per noi è la mancanza di lavoro.

Aldilà: E’ qui che vi volevo… come siete contorti!. Ma se volevate il lavoro per tutti perché avete escogitato tutto quelle macchine che vi sostituiscono lavorando al posto vostro 24 ore su 24?

Aldiquà: Le abbiamo inventate per eliminare la fatica fisica.

Aldilà: E invece ora chi possiede le macchine produce e guadagna senza il vostro contributo.

Aldiquà: Proprio così, e sempre più persone sono estromesse dai cicli produttivi.

Aldilà: E non solo, c’è quell’altra scienza meravigliosa che avete inventato, l’informatica, ho potuto costatare che anche l’informatica ha ridotto molti posti di lavoro, il lavoro che facevano impiegati e impiegate è stato rimpiazzato da programmi che elaborano i dati in modo preciso.

Aldiquà: Qui da noi in Italia d’impiegati ne sono rimasti ancora tanti nell’apparato statale.

Aldilà: In Italia il posto di lavoro statale era molto ambito, davvero una garanzia di reddito a vita, poi tanti impiegati accrescevano il consenso politico e diminuivano i disoccupati, questa tendenza ad assumere massicciamente è stata usata dai vostri governanti per rinviare il problema, in compenso ha prodotto una burocrazia esorbitante.

Aldiquà: La burocrazia in Italia è un mostro avviluppante, non puoi fare un passo senza dover produrre dichiarazioni dietro pagamento per il rilascio. Per non parlare delle imprese che sono vessate a più non posso…

Aldilà: Le imprese Italiane sono messe alle strette, e pensare che col vostro attuale sistema sono loro la gallina dalle uova d’oro. Le aziende italiane realizzano prodotti ambiti da tutti i mercati, ma sono imprigionate in gabbie burocratiche con regole costose e subiscono una tassazione insostenibile, e per dipiù sono aggredite dalla concorrenza estera a prezzi bassi.

Aldiquà: Lo sa che da noi un dipendente costa all’azienda quasi il doppio di quello che gli viene in tasca?

Aldilà: Lo so, ho studiato, ma andiamo avanti. Questa concentrazione di ricchezze presto diventerà insostenibile, sempre più persone senza lavoro e senza reddito saranno estromesse dai consumi. Dopo aver rinunciato ai beni non indispensabili questi uomini e queste donne si ribelleranno perché non potranno fare a meno dei beni essenziali.

Aldiquà: Se è per questo, ci ribelliamo già tutti i giorni, ogni giorno chiediamo ai nostri governanti di migliorare le nostre condizioni sociali, e lo facciamo con manifestazioni, presidi, perfino con proposte.

Aldilà: Se pensate che i vostri governanti capiscano i vostri problemi siete messi male. Quelli non possono immedesimarsi con voi, vivono sulla loro nuvoletta dorata nelle loro condizioni di privilegio, non sono lambiti dalle difficoltà come voi e non vi possono comprendere. Al massimo si limitano alla solita litania nei loro interventi televisivi: giovani, lavoro, famiglia…ma sono sicuro al cento per cento che non abbiano un chiaro controllo delle cose di Stato e manchi loro lungimiranza nel trovare soluzioni.

Aldiquà: Ma noi li abbiamo votati per fare il nostro bene.

Aldilà: Si forse fare il vostro bene era nelle loro intenzioni, non voglio dire che siano malvagi, ma non sono all’altezza dei problemi e non possono risolverli senza veder compromessi i loro vantaggi acquisiti.

Aldiquà: Da poco in Italia abbiamo un nuovo movimento politico che promette bene.

Aldilà: Si lo seguo anch’io con attenzione, l’impostazione mi sembra buona, perlomeno le premesse su cui è basato non consentono ai rappresentanti eletti di adagiarsi sulla nuvoletta dorata e perdere l’immedesimazione con i cittadini. Ma torniamo al problema, il ricco e il povero li ho inquadrati nella situazione che vi ho esposto, a questo punto veniamo al prezzo del pane.

Aldiquà: Siamo tutti orecchie.

Aldilà: Il problema è questo. Lo Stato tassa merci e servizi per mantenere le sue spese. Le tasse su merci e servizi sono uguali tanto per il ricco quanto per il povero. Con l’attuale sistema di tassazione il ricco e il povero contribuiscono al mantenimento dei servizi Statali versando la stessa quota di tasse che si sono scaricate sui prodotti che entrambi consumano.

Aldiquà: Interessante spiegaci meglio

Aldilà: Vedete il problema è la tassazione sui consumi. Il ricco non contribuisce in proporzione alle sue capacità finanziarie al mantenimento dei servizi statali quanto contribuisce invece il povero. Il povero in quanto povero spende la maggior parte dei suoi soldi nei consumi, e la metà di quanto spende sono tasse. Il ricco, per quanto possa permettersi ogni tipo di lusso, non riuscirà a consumare nella misura dei capitali che detiene.

Aldiquà: Certo non può mangiare più di tre volte il giorno, potrà acquistare belle macchine e case lussuose ma da qui a spendere tutti i soldi…

Aldilà: Anzi di soldi ne accumula sempre di più… rammentate il processo lento e inesorabile della concentrazione di ricchezze?

Aldiquà: Grazie Pitagora per aver averci spiegato le cause del problema, e scusa se ti abbiamo scomodato.

Aldilà: Nessun disturbo, anzi è stato un piacere. Ma…. Non vi interessa sapere che il povero potrebbe comprare il pane dal panettiere a metà prezzo, quindi a due euro al chilo?

Aldiquà: Siii. E’ giusto che i due euro di tassazione sul pane li paghi solo il ricco!

Aldilà: Non ci siamo proprio. Anche il ricco pagherà il pane 2 euro al chilo anziché 4 euro come ora.

Aldiquà: E allora lo Stato dove li preleva i soldi per mantenere la spesa pubblica?

Aldilà: Ah come siete sprovveduti! – Col vostro sistema se i poveri fossero totalmente detassati, non ci sarebbero che misere entrate per lo Stato. Difatti, la maggior parte delle entrate statali le versa il povero pagando le tasse sui beni che acquista, e poiché i poveri sono il 90% dei cittadini del mondo, il 90% delle entrate statali proviene da loro, mentre i ricchi, che sono pochi, contribuiscono in misura insignificante alle entrate basate da tassazione sui prodotti, sui redditi e sul lavoro, oltre alle accise e monopoli.

Aldiquà: Se abbiamo capito bene, le tasse le pagano i poveri che sono il 90% degli abitanti della terra, il peso fiscale si abbatte sui poveri assorbendo il 50% delle loro risorse monetarie, mentre ai ricchi la percentuale d’incidenza della tassazione non gli fa neanche il solletico, soprattutto ai possessori di enormi capitali.

Aldilà: Nel vostro sistema l’accumulo di ricchezze è consentito senza limiti, e poiché il denaro non è tassato che in modo simbolico, questo tende ad accrescere sempre più nelle mani dei pochi che speculando con i loro capitali ne detengono sempre di più.

Aldiquà: E allora? Qual è la soluzione.

Aldilà: La soluzione è trasformare il vostro attuale sistema socio economico da esclusivo per pochi, a inclusivo per tutti, una vera e propria redistribuzione delle ricchezze. Adesso vi saluto e ci vediamo tra due settimane.

Aldiquà: Ma come, noi abbiamo ancora tempo… e poi ci lasci sul più bello.

Aldilà: Per ora mi fermo qui, devo cogitare su come realizzare un sistema inclusivo per tutti.

…..E invece la settimana successiva.

Aldilà: Ehi della terra, ci siete?

Aldiquà: Pitagora che sorpresa non ti aspettavamo che tra una settimana.

Aldilà: E’ invece ho fatto prima, vi disturbo?

Aldiquà: Veramente siamo in coda all’ufficio di collocamento, siamo qui da ore e c’è ancora un mucchio di persone davanti a noi.

Aldilà: Si certo, nel vostro sistema potete sopravvivere solo se lavorate, vi rivolgete all’ufficio di collocamento che invece può collocare solo se stesso. Eppure tutto ciò è inutile, vi siete dimenticati che avete affidato il vostro lavoro alle macchine? Al massimo possono offrirvi qualche lavoro sottopagato nei call-center per sedurre la gente con le offerte del vostro capo che nemmeno conoscete personalmente.

Aldiquà: E’ vero, infatti, la maggior parte delle offerte di lavoro proviene da compagnie che propongono i loro servizi a un prezzo sempre minore, anche se poi la bolletta che arriva non corrisponde a quello che si credeva di spendere.

Aldilà: Voi vivete in un sistema esclusivo e queste tecniche lucrative con sottili omissioni sono tollerate.

Aldiquà: Per oggi rinunciamo a cercarci un lavoro, siamo ansiosi di sentire le tue soluzioni.

Aldilà: Per prima cosa bisogna ridurre le differenze sociali tra il ricco e il povero.

Aldiquà: E come?

Aldilà: Ridistribuendo le ricchezze, ergo tassando il denaro.

Aldiquà: Figo!

Aldilà: Figo? cosa significa?

Aldiquà: E’ un nostro modo moderno per rendere l’idea che approviamo qualcosa.

Aldilà: Ah grazie, sarei quasi pronto a ridiscendere tra di voi, questo vostro linguaggio moderno è stravagante.

Aldiquà: Dicevi della tassazione sul denaro…

Aldilà: Più precisamente potete chiamarla fiscalità monetaria, una tassa unica sul denaro, prelevata in misura percentuale sui capitali detenuti. Per esempio sulla vostra massa monetaria con un prelievo dell’8% se hai 1000 paghi 80, se hai 10.000 paghi 800 e così via.

Conseguente eliminazione di tutte le tassazioni che sono considerate nell’attuale base imponibile, cioè sui redditi, sul lavoro, sui prodotti, monopoli e accise. La leva fiscale che ha come base imponibile il denaro, produce il raddoppio del potere d’acquisto perché i prezzi dimezzano venendo meno i carichi fiscali precedenti.

Aldiquà: In pratica spenderemmo la metà perché il denaro varrà il doppio. E come si fa a tassare la massa monetaria?

Aldilà: Con l’informatica, vi ricordate quando vi ho detto di come sono rimasto affascinato da questa meravigliosa scienza che avete inventato? Ebbene l’informatica è parte della soluzione perché il denaro elettronico è un dato digitale.

Ora vi spiego. La massa di denaro digitale corrisponde al 99% della moneta in circolazione ed è detenuta e attestata all’interno di un circuito bancario, ogni conto presente in questo circuito è rappresentato da moneta elettronica, bit di dati che possono essere trasferiti alla velocità della luce in accredito o in addebito da un conto bancario a un altro.

Aldiquà: Il denaro elettronico è molto pratico, non siamo riusciti a estendere questo strumento ai piccoli pagamenti, caffè, giornale etc. dove usiamo ancora le banconote e le monete, ma abbiamo le tecnologie per arrivare alla sola circolazione monetaria elettronica. Così poi si potrebbe tassare la totalità della massa monetaria.

Aldilà: Eh le avessi avute io le vostre tecnologie…guardate che il problema della circolazione cartacea non è tanto che lo Stato arrivi a tassare il 100% del denaro circolante, in fondo la moneta cartacea rappresenta meno dell’1% della massa monetaria.

Aldiquà: E’ vero e poi ci sono gli anziani che non riescono a prendere confidenza con i sistemi di pagamento elettronici.

Aldilà: Esattamente come dite voi, e sotto quest’aspetto bisogna accettare le difficoltà culturali, e nel corso della storia le difficoltà culturali sono state sempre superate dalle nuove generazioni.

Lasciatemi comunque aggiungere che la sola circolazione monetaria elettronica produrrebbe l’autoeliminazione delle mafie, nel vostro paese questi gruppi organizzati a scopo di lucro fanno giri d’affari per 170 miliardi di euro l’anno, un business gigantesco che si alimenta solo di denaro contante.

Aldiquà: Business, bit, ma Pitagora conosci anche l’Inglese?

Aldilà: Per portarvi la soluzione ho dovuto informarmi e per farlo ho scoperto un’altra cosa meravigliosa che avete escogitato, sono rimasto sbalordito quando ho scoperto internet, un’enciclopedia infinita d’informazioni aggiornate all’istante, e come saprete senza l’inglese l’accesso alle informazioni su internet è piuttosto un problema.

Aldiquà: Comunque le mafie son dure a morire.

Aldilà: Per loro è dura anche vivere. Le mafie sono molto affaccendate, pensate che ogni giorno devono ricollocare mezzo miliardo di moneta contante, un enorme lavoro per loro.

Aldiquà: Sappiamo che dietro molti negozi “compro oro” ci sono le organizzazioni criminali.

Aldilà: Le mafie acquistano metallo prezioso e si liberano del denaro contante che non può essere accumulato in gran quantità senza che si creino destabilizzazioni alla circolazione cartacea che deve essere tenuta entro una certa soglia stabilita dal circuito bancario.

Aldiquà: Che poi anche l’oro finisce, e non è detto che le famiglie in stato di necessità siano tutte disposte a liberarsi dei loro gioielli.

Aldilà: Quindi ricapitolando – Eliminazione di tutte le entrate fiscali che si scaricano sui consumi e tassazione monetaria unica con prelievo percentuale dalla massa monetaria. Con una semplice trasmissione di dati digitali il circuito bancario preleva dai conti correnti una percentuale di denaro e accredita la somma del prelievo totale sul conto dello Stato.

Aldiquà: Ma per i ricchi non è conveniente, non vorranno sentirne parlare e si opporranno.

Aldilà: All’inizio forse sì, ma poi capiranno che l’attuale sistema perderà l’equilibrio, ne sono sicuro al duecento per cento.

Aldiquà: Ma Pitagora, il duecento per cento? Al massimo puoi arrivare al cento di cento.

Aldilà: Si, mi sono preso una licenza matematica, ma solo per dimostrarvi che al ricco, allo stato attuale delle cose, un sistema inclusivo conviene il doppio che al povero.

Aldiquà: Questa e bella!

Aldilà: Mettiamola così, oggi il ricco è sempre più ricco perché il vostro sistema tende a fargli accumulare il denaro che il povero perde.

Aldiquà: Si forse cominciamo a capire, il povero perde sempre più denaro perché lo Stato glielo toglie con le tasse, che aumentano continuamente perché le entrate non sono sufficienti. Questa diminuzione delle entrate è causata dagli stessi poveri che sono costretti a ridurre sempre più i loro consumi, e poiché lo Stato nel nostro sistema incamera i soldi tassando i consumi, quando questi diminuiscono, lo Stato aumenta le tasse per recuperare le entrate mancanti. Ma riguardo ai ricchi cui questa soluzione converrebbe il doppio?

Aldilà: I ricchi cominceranno a riflettere sulle dinamiche del sistema, arriveranno a sentire il pericolo di una rottura degli equilibri che finora li hanno mantenuti ricchi, il momento sarà quando un numero sufficiente di persone non avrà più niente da perdere.

Aldiquà: In che senso?

Aldilà: Nel senso che niente lavoro = niente reddito = niente casa = niente da mangiare. Sono dinamiche, siete ingabbiati in meccanismi economici e con il vostro sistema potete sopravvivere solo se ne fate parte.

Aldiquà: Ma quante cose sai!

Aldilà: Dovreste saperle anche voi, a dire il vero laggiù sulla terra ci sono persone che conoscono bene questi meccanismi, alcuni di loro sono perfino gli artefici di quest’architettura, gente talmente esaltata dal potere da non comprendere quanto il livello di equilibrio sia stato superato. Ma quando cominceranno a ragionare, ammetteranno che dietro i numeri del loro denaro non c’è alcun bene corrispettivo e che i loro capitali, che sono numeri digitali, potrebbero essere invalidati dal primo arrabbiato che si mettesse al governo dello Stato, o che una maggioranza decidesse di risolvere la questione con un semplice “a mali estremi estremi rimedi”…

Aldiquà: Si appunto come nella rivoluzione russa, quando i palazzi dei nobili sono stati tutti confiscati da…

Aldilà: Si anche se però in quel modo si voleva azzerato tutto, e badate che quel tutto dei pochi di allora non era così tanto quanto quello dei pochi di oggi.

Esiste un altro modo di essere rivoluzionari, e questo modo passa per un’evoluzione culturale, in cui ricchi e i poveri riparano insieme, i primi per comprendere che per loro si è trattata, purché consentita, d’un’abusiva concentrazione di potere, e i secondi per capire che è meglio conoscere le dinamiche che portano a certe derive.

Aldiquà: Per non farsi più fregare… certo a pensarci ora, dopo queste esposizioni, è assurdo che il dieci percento della popolazione detenga tutto e tutti gli altri nisba, siamo tutti esseri umani.

Aldilà: Poi ora che viene a mancare uno dei pilastri del vostro sistema, il reddito che proveniva dal vostro lavoro che è stato sostituito dalle macchine.

Aldiquà: Infatti a parte qualche misero aiuto che arriva a pochissimi, tutti noi non abbiamo alcuna protezione contro la disoccupazione, e sempre più siamo estromessi dai cicli produttivi. Eh già, l’hai detto anche prima che le macchine lavorano per noi.

Aldilà: E poiché le macchine lavorano al vostro posto e voi le avete inventate per migliorare la vostra qualità di vita, dovreste ritenervi eredi dell’ingegno e godervi le comodità raggiunte con le vostre tecnologie.

Aldiquà: E come?

Aldilà: Con un reddito, ergo bisogna che decretiate il reddito di cittadinanza come diritto universale, un’entrata mensile che ogni cittadino percepisca dalla nascita.

Aldiquà: Si, di questo reddito universale se ne parla molto, ma poi dove li prendiamo i soldi?

Aldilà: Dalla fiscalità monetaria, attraverso un prelievo percentuale dalla massa monetaria digitale, denaro elettronico attestato sui conti correnti nel circuito bancario.

Aldiquà: Prendere i soldi ai ricchi non è cosa facile…

Aldilà: Ve l’ho spiegato prima che invertire il sistema da esclusivo a inclusivo conviene al ricco il doppio che al povero.

Aldiquà: Già quella licenza matematica, spiegacela meglio.

Aldilà: Allora prima vi ho detto che quando un numero sufficiente di persone non avrà più niente da perdere insorgerà e cercherà soluzioni estreme, tutto ciò lo farà in uno stato d’animo rivendicativo, è già successo nella storia che ai ricchi fossero sottratti tutti i loro beni, avete studiato la rivoluzione russa o francese?

Aldiquà: In Russia i poveri erano talmente ridotti in miseria che i bolscevichi si vendicarono con l’espropriazione ai ricchi.

Aldilà: Vedo che cominciate a ragionare. I ricchi non vorranno arrivare a un punto di rottura tale da vedersi sottrarre autoritariamente tutti i loro averi, capiranno… e come se capiranno.

Aldiquà: Eh si i ricchi non hanno altra scelta, come quando in America per legge è stata abolita la schiavitù.

Aldilà: Esatto, e le leggi si possono contestare ma bisogna sottostarle, come fate voi cittadini e cittadine del vostro Stato.

Aldiquà: Invece con la fiscalità monetaria i ricchi contribuirebbero alla tassazione statale nella misura dei loro averi monetari, capitali che si ridurranno nel corso degli anni permettendo loro di continuare a mantenere livelli di benessere elevati per lungo tempo ancora.

Aldilà: Bravi finalmente.

Aldiquà: Per ricapitolare qual è la soluzione?

Aldilà: Fiscalità monetaria, reddito di cittadinanza, moneta elettronica.

Aldiquà: E in formula?

Aldilà: In ogni Stato il reddito di cittadinanza costruito sulla fiscalità monetaria digitale consente la redistribuzione del denaro ed è sempre equivalente all’assenza di povertà.

Aldiquà: In pratica un altro teorema di Pitagora… 

Aldilà: Chiamatelo teorema di Bellia.

Aldiquà: Bellia? e chi è?

Aldilà: Vi ricordate che ho anticipato di una settimana il nostro appuntamento?

Aldiquà: Già perché?

Aldilà: Perché mentre ero su internet, cercando le informazioni per risolvere il vostro problema, mi sono trovato sul sito di Nicolò Giuseppe Bellia e lì ho trovato la sua formula Antropocratica, una vera e propria piattaforma matematica, concepita da questo collega che come me è un logico. Quando egli capiterà dalle mie parti, vorrei proprio conoscerlo e cogitare con lui, senza fretta naturalmente…..

Giusy Romano

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L’Antropocrazia e il denaro

Articolo in pdf L’Antropocrazia e il denaro

Il denaro è un titolo di credito utilizzato per favorire lo scambio di merci e servizi, essere ceduto per le imposte, o per essere donato, è portatore virtuale di beni reali e come titolo di credito ha valore universale e può essere speso in qualsiasi tipo di commercio.

Il denaro è un’idea geniale, e anche se nel corso della storia sono stati commessi abusi e distorsioni sulle politiche monetarie esso resta l’unico regolatore nei rapporti di compravendita, e noi, nella nostra modernità digitale, possiamo usare questo strumento ancora più agilmente con la moneta elettronica.

Con la fiscalità monetaria e con il denaro elettronico lo Stato ridiventa sovrano della propria moneta, perché in qualsiasi valuta siano espressi i bit elettronici (per es. Euro), la virtualità monetaria favorisce la creazione di nuovi circuiti monetari, interni e alternativi, e facilita quegli automatismi di creazione e distruzione della moneta per regolare l’intero valore monetario nazionale. Ciò perché la massa monetaria è denaro numerico in rete e lo Stato, avendola come unica base imponibile per il prelievo fiscale nazionale, si esercita a gestirla e riprende a governarla come strumento.

La massa monetaria ottimale in Italia è di circa 8500mld, il 98% è denaro digitale, bit di crediti elettronici attestati sui conti correnti del circuito bancario, il 2% è moneta cartacea.

L’Antropocrazia ha individuato nel denaro elettronico lo strumento per l’imposta statale unica con il prelievo percentuale dalla massa monetaria digitale a un tasso annuale o trimestrale, percentuale variabile secondo le spese che lo Stato deve sostenere per i servizi ai cittadini e per tutti gli altri oneri correnti.

In pratica, lo Stato riceve con cadenza periodica il denaro (per es. 8% anno, o 2% trimestre etc.) da tutti i depositi monetari attraverso le banche che versano questa imposta unica direttamente all’erario.

Con la fiscalità monetaria lo Stato incassa circa 680mld e apre un ombrello di protezione su tutti i suoi cittadini istituendo il reddito di cittadinanza universale, abbandona la ricerca d’illusorie soluzioni riparatorie nel lavoro e spende le sue migliori risorse ed energie per riformare, ammodernare e snellire le istituzioni che devono governare.

In Antropocrazia, il denaro è uno strumento circolatorio universale e ciascun cittadino deve disporre per diritto dalla nascita di una sicura entrata da spendere per vivere. La Fiscalità monetaria consente quegli equilibri sociali che mai i nostri antenati si sarebbero immaginati di raggiungere così semplicemente come noi oggi possiamo con il denaro elettronico.

Il denaro elettronico è virtuale, sono bit elettronici, numeri attestati su ciascun conto monetario presente nel circuito bancario, il totale di tutti i bit di tutti i conti correnti del circuito bancario rappresenta numericamente l’intera massa monetaria nazionale. A quanto corrisponde la massa monetaria è un dato disponibile perché è conoscibile dal circuito bancario che detiene sui conti tutti i valori monetari circolanti in Italia. Con la fiscalità monetaria i capitali finanziari sono tassati come qualsiasi deposito di conto corrente del cittadino.

La fiscalità monetaria è attuabile da subito, è una riforma governabile perché non implica la riorganizzazione improvvisa delle strutture statali che dovranno essere superate o ammodernate e regolate alle nuove necessità.  Non c’è il pericolo di scompigli costituzionali o vuoti legislativi, la formula Antropocrazia non azzera ma corregge e perfeziona.

E’ semplice, lo Stato istituisce come TASSA UNICA la tassazione monetaria, una percentuale di denaro prelevata da ciascun conto corrente attraverso il circuito bancario che accredita nelle casse erariali la somma detratta, con questo denaro lo Stato procura i servizi e accredita mensilmente una somma di denaro uguale sui conti correnti dei suoi cittadini.

Con il reddito di cittadinanza universale il denaro perde il suo originale potere ricattatorio, perché la fame di soldi per sopravvivere in milioni di persone è appagata, cittadini che non saranno più costretti a sottomettersi per un reddito incerto da incerto lavoro, il reddito di cittadinanza è il riscatto esistenziale che libera tutti dall’essere in balia del meccanismo economico finanziario, persone finalmente liberate dalla camicia di forza imposta e subita senza volerlo, perché non in grado di intravedere in certe implicazioni le origini degli abusi e delle distorsioni che hanno procurato alla società umana di vivere un livello di disparità così smisurato e così tanto incomprensibile.

Effetti pratici della Fiscalità monetaria

–       Eliminazione di tutte le attuali tassazioni dirette e indirette

–       Dimezzamento dei prezzi / Raddoppio del potere d’acquisto

–       Reddito di cittadinanza universale

–       Libertà d’impresa

–       Tassazione monetaria unica e imparziale, se ho 1000 pago 80, 10000 pago 800 e così via.

–       Nessun’altra tassa o balzello, tutti i cittadini liberi di muovere i propri scambi senza rendere conti e dichiarazioni fiscali varie a nessuno.

Effetti pratici della moneta elettronica

–       Tassazione unica sull’intera massa monetaria

–       Auto estinzione di tutte le criminalità organizzate che si servono del denaro cartaceo per i loro traffici da 170mld di euro, solo in Italia.

Effetti pratici del reddito di cittadinanza universale

–       Diritto all’esistenza dalla nascita non solo sulla carta costituzionale, in concreto lo Stato dispone versamenti mensili sui conti di tutti i cittadini.

–       Liberazione di milioni di persone dall’angoscia del sopravvivere quotidiano e dall’illusione di essere tutti occupati nel lavoro che è stato invece sostituito dalle macchine.

–       Serenità sociale, azzeramento delle criminalità da disagio.

Giusy Romano

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